Comportamenti di gruppo durante una gita sulla neve
Divertimento e libertà, sport e ambiente incontaminato.

 

Il Freeride è senza dubbio una delle attività invernali che negli ultimi anni ha coinvolto un numero sempre maggiore di persone, avvicinandole al magico mondo della neve. E’ la massima espressione per uno sciatore in campo libero, la libera interpretazione di una discesa in neve fresca, dove ogni curva o salto è un concentrato di emozioni, un’esigenza. E’ assai importante sapere che tale attività presenta dei pericoli come le condizioni del tempo e del manto nevoso, la lontananza dalle piste affollate e dagli impianti, la scarsa conoscenza del terreno e delle dinamiche di una valanga, in ultimo e assolutamente non meno importante, le false sicurezze che scaturiscono dall’essere in gruppo. La conoscenza di alcuni principi e di qualche regola ci aiuterà ad essere più consapevoli delle nostre azioni e allo stesso tempo, ad avere una visione più ampia e profonda dell’ambiente nel quale siamo immersi. Pensate che il pendio sia una sorta di campo minato e che voi scivoliate tra queste mine senza rendervene conto, è in parte cosi che si svolge il maggior numero di disce e, inconsapevolezza di dove ci si trova e di quello che ci circonda, con una scarsa capacità di agire in correlazione o reciprocità con altri fattori che possono per ciò, determinare la sicurezza, di se stessi e delle altre persone presenti.
Assodato che ogni utente della fresca percorra i propri itinerari munito di ordinaria attrezzatura per l’autosoccorso (A.R.V.A., PALA e SONDA) passiamo ad alcuni aspetti più precauzionali, come la scelta dell’itinerario di discesa in funzione delle condizioni meteo e niveo, della natura e morfologia del pendio, il comportamento di gruppo in neve fresca come mezzo preventivo e come miglior punto di inizio in caso di autosoccorso (primo intervento da apportare alle persone coinvolte nell’incidente) e di alcune dinamiche psicologiche che s’innescano quando si è in gruppo.

Paradossalmente, le condizioni migliori per una discesa emozionante e divertente sono quasi sempre quelle più pericolose.

Parrebbe banale sostenere che la massima attenzione deve essere rivolta ad evitare distacchi di valanghe, per fare ciò è necessaria la conoscenza di alcuni principi che sono alla base della sicurezza, altrimenti su un terreno cosi effimero è sempre al caso che ci si affida.
La prima cosa che un’amante della neve vergine deve fare, è raccogliere il numero maggiore di informazioni atte a fornire in linea generale i primi parametri di sicurezza. Il manto nevoso muta di continuo condizionato da svariati fattori: esposizione del pendio, irraggiamento solare, azione del vento, pendenza, terreno sottostante, morfologia del pendio, e per questi ed altri motivi – il manto nevoso - è alla costante ricerca di un equilibrio, la valanga è l’assestamento creato dal disequilibrio tra le forze resistenti (attriti) e le forze propulsive (forza di gravità), perché s’inneschi una valanga è necessario che la neve abbia un po’ di coesione e il pendio compreso in una fascia tra i 27° ed i 45°, oltre, le forze propulsive, sono di gran lunga maggiori delle forze resistenti creando di continuo scariche di assestamento.

Le Alpi, per una loro morfologia geologica, sono montagne notevolmente ripide e la maggior parte dei pendii sono compresi nella fascia pericolosa.

In ordine analizziamo le fasi di valutazione pericolo e quindi riduzione rischio:
attenta analisi delle condizioni meteo dei giorni precedenti ed in particolare valutando attentamente le temperature ed il vento, quest’ ultimo elemento è il nemico numero uno per chi frequenta terreni d’avventura. E’ importante sapere che l’azione del vento modifica la struttura del cristallo e quindi lo stesso manto, il vento trasporta la neve che raccoglie dai versanti sopravento, depositandola sui versanti sottovento e proprio a ridosso delle creste o delle cime è possibile la formazione di lastroni, ancora il vento può esercitare una grossa pressione (sovraccarico) sul pendio aumentando le forze propulsive. Le nevicate con presenza di vento sono da ritenersi le più pericolose e per i giorni seguenti è necessaria una buona cautela. Anche la nebbia comporta un aumento dei rischi, penetra nel manto nevoso appesantendolo e creando lubrificazione tra i vari strati riducendo quindi gli attriti e favorendo lo scorrimento di masse nevose.

L’esposizione del pendio ha un’importanza rilevante giacché l’azione del sole contribuisce a consolidare il manto nevoso, si deduce quindi che sui versanti a Sud la neve raggiunge prima una fase di assestamento mentre sui versanti a Nord il processo è molto più lento. Il ricordo della neve polverosa d’altra parte è abbinato il più delle volte al freddo.
Osservazione del pendio, se la discesa avrà inizio da una cresta, se vi è la presenza di canali, di avvallamenti, di cambi di pendenza, presenza di boschi, ecc.. Bisogna tenere conto che gli accumuli di neve si formano negli avvallamenti o nei canali, e dunque c’è la possibilità di interagire con delle zone soggette a forti tensioni. Valutare attentamente le discese all’interno di canali, queste strutture diventano delle zone di scorrimento della valanga, se provate ad osservare la vegetazione vi accorgerete che alla base dei canali vi è spesso una scarsa presenza di alberi, sinonimo di zona soggetta a scorrimento di neve. La valanga ha tre fasi, zona di distacco, zona di scorrimento e zona di accumulo (nella zona di scorrimento la massa di neve in movimento tende a seguire la strada più veloce, linea di massima pendenza, canali, salti di rocce, ecc..). Un pendio intonso, quindi privo di tracce, è vergine sotto il profilo degli equilibri, le tracce contribuiscono a rompere le tensioni interne e a conferire maggiore stabilità, un pendio tracciato è da ritenersi sicuro, anche se quest’ultimo non ci piace e spesso giriamo la tavola alla ricerca di un fazzoletto vergine. I cambi di pendenza su un pendio sono zone a rischio, in coincidenza di queste le tensioni interne sono più elevate, a tal proposito è preferibile attraversare più alti o più bassi rispetto alla linea di cambio pendenza.

Alla base della prevenzione, se si è in gruppo, c’e un’educazione comportamentale, spesso i distacchi sono dovuti alla propagazione delle forze causati dal sovraccarico di una o più persone. PERICOLO MARCATO: possibili distacchi anche con un debole sovraccarico (es. una persona, passaggio di animale). In discesa il sovraccarico è più elevato e il coefficiente di propagazione delle forze maggiore, da sfatare il fatto che con un manto sottile non vi sia la possibilità di distacchi, più il manto è ridotto più la propagazione delle forze incide sulle tensioni, poiché le stesse forze toccano tutti gli strati. Scendendo in gruppo su un pendio diventa obbligatorio attenersi a delle regole per evitare di alterare il precario equilibrio del manto nevoso, prima tra tutte, tenere distanza (diversi metri) tra i compagni di discesa per evitare così di sovraccaricare la stessa zona, in moltissimi casi si scende uno alla vota; seconda importante regola da applicare in casi particolari (canali, pendii molto ripidi e carichi di neve) è quella di scendere uno per volta sul tratto ritenuto pericoloso, le persone ferme ad aspettare il loro turno dovranno prestare attenzione alla discesa del compagno cercando di individuare i tratti realmente pericolosi analizzando la risposta del manto nevoso al passaggio; in caso di valanga chi non è coinvolto ha dei punti di riferimento per iniziare la ricerca con l’A.R.V.A..Quando si è in gruppo si attivano dei meccanismi psicologici differenti rispetto a quando si è soli, si definisce un gruppo un minimo di tre persone. Gli individui da soli tendono a essere sia troppo cauti, sia evitano di correre troppi rischi, quindi evitano le situazioni estreme. Quando si accorgono, che nel gruppo, altri hanno stesse inclinazioni, ciascun membro può prendere una decisione più estrema, grazie anche al fatto che ha appena scoperto il sostegno del gruppo. Non è solo la consapevolezza dell’esistenza di tali posizioni che fa sì che le persone cambino idea; è anche la presentazione di nuove informazioni e nuove argomentazioni che inducono a cambiare le proprie decisioni. La teoria della diffusione della responsabilità suggerisce che quando le decisioni sono prese in gruppo la responsabilità per una decisione potenzialmente sbagliata è diffusa. Questo consente ad alcuni individui di essere più estremisti di quanto non lo sarebbero se dovessero prendere una decisione da soli. Teoria della facilitazione sociale: la presenza di altri favorisce l’attivazione. Tuttavia è anche stato dimostrato che il timore di essere valutati gioca un ruolo importante nel produrre questi effetti di attivazione. Entrano in gioco fattori personali di immagine, idea di sentirsi adeguati alla situazione, competizione, idea di voler dimostrare qualcosa a se e a gli altri.

(J.M. Darley, S. Glucksberg, L.J. Kammin, R.A. Kinchla, 1986, „Psicologia“, Il Mulino).